Lo scorso fine settimana ha ritirato al Teatro Carlo Felice di Genova il «Premio Montale Fuori Casa», per la categoria musica. Emiliano Toso è stato protagonista della cerimonia di consegna, ma anche di un concerto speciale a casa di Valeria Firpo, malata di Sla. E a conclusione del doppio evento, il pianista e biologo biellese ha deciso di destinare proprio a lei la donazione prevista dal premio.
«Sono ancora travolto dalle emozioni che ho provato e, ripensando a tutto ciò che è accaduto, penso che Valeria abbia un ruolo centrale e importante. Ecco perché, mentre ancora stavo valutando a quale ente devolvere, come previsto dal premio, il denaro della donazione, mi è venuto istintivo pensare a lei».
Come siete entrati in contatto?
«Valeria, che comunica con gli occhi tramite una tastiera, qualche mese fa mi ha scritto sui social per dirmi che ascolta la mia “Translational music” e che ne trae beneficio. Sono composizioni sulla frequenza di 432 Hz, un’accordatura in grado di vibrare insieme alle cellule del corpo, che donano quindi armonia e benessere. Nei suoi messaggi mi ha anche fatto notare che spesso ci si dimentica dei malati di Sla e delle loro problematiche».
Quando ha deciso di organizzare un concerto per Valeria?
«È stato tutto casuale, ma alla fine si è rivelata una combinazione perfetta. Nel comunicarmi la vittoria del premio, gli organizzatori mi hanno anche chiesto di scegliere la città in cui svolgere la cerimonia. Tra quelle proposte c’era Genova, dove non avevo mai suonato, ma che mi aveva affascinato, soprattutto per il suo meraviglioso centro storico. Ho scelto quindi la città ligure, poi mi sono ricordato che è anche la città dove abita Valeria. L’ho invitato alla premiazione. Le sue condizioni, però, rendono complicato qualsiasi spostamento, quindi le ho proposto di andare a casa sua».
Com’è stata l’esperienza?
«Meravigliosa. Ha organizzato una vera e propria festa, invitando le persone che si occupano di lei e diversi amici. Io ho portato il mio piano digitale e ho suonato per circa un’ora. Ha 49 anni e da circa dieci la malattia si è aggravata. Non può alzarsi dal letto, ma ha una forza e una determinazione che le brillano negli occhi. Ha curato tutto in ogni minimo dettaglio. Mi ha regalato anche un quadro e un cuscino che ha fatto fare apposta con le firme di tutti i partecipanti. Mi ha infine espresso il desiderio di organizzare una festa con altri malati di Sla in un fienile dove andava a vedere le stelle cadenti con sua nonna, che suonava il pianoforte».
Quali sono state invece le sensazioni che hai provato alla consegna del premio?
«È stato tutto altrettanto emozionante, ma ovviamente in modo diverso. La cerimonia è tutta dedicata al vincitore, quindi si è parlato molto della mia musica e ho tenuto un concerto su un pianoforte storico. Ho invitato i partecipanti a condividere l’esperienza di sedersi sul palco, sotto al pianoforte, per cogliere le vibrazioni nel migliore dei modi. Erano presenti Adriana Beverini e Barbara Sussi, presidente e vicepresidente del premio, ma anche un nipote di Eugenio Montale, il vicesindaco e altre autorità. Oltre al riconoscimento, ho ricevuto anche la statuetta di una cagnolina realizzata da un artista che sostiene i rifugi per i cani abbandonati».