Libertà

Imparare dall’antifascismo italiano

Marco Bresciani

Sì, esattamente. Ha giocato un ruolo cruciale in questa storia in molti modi. Ciò che cerco di fare nel libro è mostrare tutte le connessioni tra Rosselli e Giustizia e Libertà. Ma allo stesso tempo Giustizia e Libertà era molto più che solo Rosselli. Era un intellettuale e un accademico, un professore che lavorava all’università. Il suo libro principale, Socialismo liberale (Socialismo liberale), è stato per molti aspetti il ​​risultato di diversi anni di duro lavoro nella teoria economica, nella storia e nella teoria dei sindacati, nella storia del liberalismo e del socialismo.

Inizialmente intellettuale, poi, sotto la pressione del contesto storico, divenne sempre più politico, soprattutto negli anni ’30. Fu coinvolto nei primi progetti editoriali clandestini antifascisti a Firenze e Milano, poi fu protagonista insieme a Sandro Pertini nell’organizzazione della fuga del leader socialista Filippo Turati dall’Italia alla Francia. Fu arrestato e mandato in prigione, dove poté trascorrere alcuni anni studiando, leggendo e scrivendo, anche se in condizioni molto dure. Trascorse questo tempo in conversazione con Emilio Lussu, che è un’altra figura importante in questa storia. Lussu e Rosselli compirono un’incredibile fuga dall’isola carceraria di Lipari a Marsiglia e poi a Parigi, dove fondarono Giustizia e Libertà.

L’intuizione di Rosselli è stata quella di creare qualcosa di completamente nuovo. Il terreno comune per il nuovo gruppo che cercava per raccogliere quante più forze possibile all’interno del suo gruppo era una prospettiva di rivoluzione antifascista, che non è esattamente la stessa cosa del socialismo liberale. Quindi questa idea di enfatizzare una prospettiva antifascista rivoluzionaria rispondeva al gioco di cercare di mobilitare diverse culture e tradizioni politiche: repubblicana, democratica e socialista.

Inoltre Giustizia e Libertà era un gruppo di politici e intellettuali in esilio. Dall’esilio iniziarono con un giornale periodico (Quaderni di Giustizia e Libertà) e poi un settimanale (Giustizia e Libertà) per stimolare la conversazione e il dibattito sulla forma del futuro ordine postfascista e su tutti gli altri temi connessi alla crisi europea degli anni ’30: l’idea di Europa e di nazione, la ricerca di una prospettiva socialista, ma non marxista , e così via.

Ma fin dall’inizio Rosselli personalmente pensò che la vera battaglia contro il fascismo si potesse combattere solo in Italia. Riuscì a stabilire una rete clandestina in Italia con gruppi a Milano, Torino, Roma e Trieste. Stavano cercando di mobilitare le persone ancora disposte a mostrarsi antifasciste nelle condizioni sempre più ostili in Italia – e, allo stesso tempo, di organizzare alcune forme di lotta contro la dittatura di Mussolini.

Gli studi antifascisti spesso danno per scontato cosa significasse e implicasse l’antifascismo nel periodo tra le due guerre. Tuttavia, se consideriamo il caso di Giustizia e Libertà, ci rendiamo conto che l’antifascismo costituiva un insieme di risposte molto flessibili, molto creative e sperimentali alle sfide in continua evoluzione provenienti da movimenti e regimi fascisti ma anche da governi autoritari e illiberali.

Queste erano le sfide europee. Di conseguenza, l’anno 1933, con l’ascesa di [Adolf] L’ascesa al potere di Hitler in Germania e la progressiva espansione del fascismo in tutta Europa segnarono un punto di svolta per Giustizia e Libertà. Hanno quindi cercato di capire quale tipo di politica possa rispondere a quel tipo di iperpolitica fascista, e hanno continuato a discutere significati e implicazioni potenzialmente nuovi della politica in quel momento di crisi.

Articoli Correlati

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Pulsante per tornare all'inizio