Linda Evangelista l’intervista inedita per Vogue 60 e la copertina scattata da Steven Meisel insieme ad altre 5 “cover girls” eccezionali
Il timore reverenziale ti pervade già quando ne pronuncia il nome: Linda Evangelista. Un nome magico, capace di evocare il meglio degli anni Ottanta e Novanta: dai video musicali del compianto George Michael – Libertà e Troppo funky – alle campagne di Richard Avedon per Versace; dagli scatti rubati sui rotocalchi con il fidanzato Kyle MacLachlan, allora protagonista di Picchi Gemellitutto il film Pret-à-porter di Robert Altman; dalla presenza sulla cover dei 100 anni di Voga americano a quella dei 30 anni di Vogue Italia – a cui sono seguite, negli anni Duemila, le copertine del nostro cinquantesimo e ora sessantesimo anniversario, dove confrontare sempre lei, insieme ad altre bellissime, fotografata da un mito della fashion system: Steven Meisel.
Più che un’icona, Linda è una donna da record. Una Supermodella mitologicacapace di doppiare le Colonne d’Ercole del tempo per avventurarsi in terre incognite – oltre il cancro al seno che l’ha colpita due volte, nel 2018 e 2022; oltre le mastectomie, le chemioterapie, le radiazioni che hanno affrontato; oltre l’iperplasia adiposa paradossaun terribile effetto collaterale della criolipolisi a cui si era sottoposta tra il 2015 e 2016; e oltre la depressione in cui è precipitata in seguito.
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Prima di iniziare il collegamento Zoom e incontrarla in uno spazio virtuale tra Milano e la sua casa di New Yorkdove si trova, me la immagino come un’indomita combattente. Una vera guerriera della moda. Invece mi appare una donna dolce, quasi eterea. Elfica, direi. Una montatura cat-eye ne incornicia i grandi occhi celesti, inalterati dal passare degli anni. La pelle senza un filo di trucco illumina lo schermo. La semplicissima camicia over è aperta su un piccolo crocifisso d’oro. «Scusa il ritardo», esordisce dal suo salotto bianco e grigio, minimalista come il suo look. «Ero al telefono con mia mamma che è molto preoccupata perché un tubo a casa sua si è rotto e l’acqua ha allagato tutto, si è infiltrata persino al piano di sotto», spiega affranta. «La buona notizia è che l’allagamento si è fermato a pochi centimetri dal mio archivio! Di solito non ho fortuna con l’acqua, ma stavolta è tutto in salvo». Si ferma a pensare, prima di aggiungere con gratitudine: «La vita è bella».
Linda starà a New York qualche giorno e poi volerà in Canada per riunirsi con la famigliaannuncia sorridendo come una bambina. La aspettano il tradizionale picnic del primo weekend di luglio, l’amore degli amici e dei parenti, le vacanze, il compleanno della madre. «È il momento più bello dell’anno per essere lì: il giardino esplode di profumi di fiori, di frutta e verdura». Una famiglia molto italiana, la sua: i genitori Marisa e Tomaso emigrarono in Nord America da Pignataro Interamna, nel Lazio. «Ricordo la prima volta che mi ci hanno portata, negli anni Ottanta. Stavamo a casa della sorella di mia nonna, che mi svegliava all’alba per aiutarla nelle mansioni domestiche – tipo quella di ammazzare il pollo che aveva nutrito la sera prima, per poi cucinarlo a cena! Era tutto molto puro, molto semplice, molto… vero», racconta. «Io non mi aspettavo che sarebbe stato così, sebbene anche mio padre, in Canada, vivesse esattamente in quel modo pur non avendo una fattoria, bensì una casa in un quartiere residenziale dove nascondeva diversi animali… Era, diciamo, una situazione complessa», commenta scuotendo la testa. «Quindi non ho bisogno di canalizzare la mia italianità: è ben presente, sono cresciuta in un contesto dove le nostre tradizioni erano vissute ogni giorno, tutti in casa venivano coinvolti nella preparazione di gnocchi, polenta, minestre varie, mentre io morivo dalla voglia di provare il cibo congelato del negozio di alimentari. Non mi rendevo conto di quanto fossi fortunata», confida, scegliendo con cura le parole mentre cattura le immagini del suo passato.