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Self-care per operatori sanitari
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1Centro di Oncologia Integrativa, Fondazione Policlinico Universitario Gemelli IRCCS, Roma.
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Pervenuto su invito il 24 marzo 2020.
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Riassunto. In questa emergenza pandemica globale, l’autocura ei programmi di benessere psico-fisico per gli operatori sanitari sono una priorità assoluta. Ora più che mai, medici e infermieri si trovano ad affrontare carichi di lavoro fuori del normale, condizioni cliniche e organizzative stressanti e un carico emotivo che mettono in crisi la loro capacità di far fronte all’emergenza ea pentimento della loro stessa vita. Attraverso il miglioramento dell’educazione nutrizionale nelle facoltà di medicina, implementando la promozione di stili di vita sani e progetti di prevenzione del burnout negli ospedali, saremo in grado di mantenere una buona qualità di cura in questi tempi difficili e potremmo migliorare le strategie di autocura per gli operatori sanitari nel prossimo futuro.
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La cura di sé per gli operatori sanitari.
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Riepilogo. In questa emergenza pandemica globale, i programmi di cura di sé e di benessere psico-fisico per gli operatori sanitari rappresentano una priorità assoluta. Ora più che mai, medici e infermieri si trovano ad affrontare carichi di lavoro anomali, condizioni cliniche e organizzative stressanti e carichi emotivi che mettono alla prova la loro capacità di far fronte alla situazione e mettono a repentaglio la loro stessa vita. Migliorando l’educazione nutrizionale nelle facoltà di medicina, implementando la promozione di stili di vita sani e progetti di prevenzione del burnout negli ospedali, saremo in grado di mantenere una buona qualità dell’assistenza durante questi tempi difficili e, auspicabilmente, miglioreremo le strategie di autocura per gli operatori sanitari per il prossimo futuro. .
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L’emergenza sanitaria globale che attraversiamo rischiando di mettere definitivamente in crisi un sistema in forte sofferenza come quello degli operatori sanitari sottoposti a carichi di lavoro stressanti e non adeguatamente riconosciuti.
Ecco perché garantire il benessere dei curanti in corso di pandemia è un’esigenza prioritaria.
Il esaurimentoo stress lavoro-correlato, recentemente riconosciuto dall’International Classification of Disease (ICD-11) dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, è una sindrome di esaurimento emotivo, depersonalizzazione e derealizzazione personale, che può manifestarsi in tutte quelle professioni, come quelle sanitarie e assistenziali, con carico di lavoro eccessivo (si deve fare troppo, in troppo poco tempo e con risorse scarse), orari di lavoro irregolari o difficilmente conciliabili con la vita familiare, carico emotivo connesso al contatto con persone malate, problematiche e con loro familiari1.
Le professioni d’aiuto, in specie quelle hightouch (ad alto contatto, come l’assistenza al paziente oncologico o in rianimazione), richiedono una capacità non comune di presa in carico del dolore altrui, con un’evidente asimmetria relazionale tra operatore e paziente.
Alla necessità di confrontarsi quotidianamente con la sofferenza e spesso con la morte, si aggiungono possibili carenze e disfunzioni organizzative e relazionali, che possono generare o esacerbare conflitti con colleghi e supervisori, timori legati a insufficienti conoscenze e competenze tecniche, preoccupazioni per il proprio equilibrio, l’incolumità personale e lo stato di salute.
La mancanza di controllo sul proprio lavoro può incidere sul rischio di burnout: i professionisti desiderano avere la possibilità di prendere decisioni, usare le proprie abilità per risolvere i problemi, poter riconoscere il proprio contributo nel processo che porta al raggiungimento dei risultati2. Analogamente, un importante fattore di rischio è il conflitto di valori che si verifica quando i requisiti del lavoro ei nostri princìpi personali non concordano; in alcune situazioni emergenziali, il sanitario può vedersi costretto a prendere decisioni in contrasto con i propri valori personali, come dover selezionare, in base all’aspettativa di vita, chi sottoporre a pratiche rianimatorie e chi escludere per carenze organizzative contingenti.
Lo stress lavoro-correlato in ambito sanitario può portare a conseguenze sul funzionamento personale (cefalea, disturbi gastrointestinali, ipertensione, ipertensione faticaansia, depressione e disturbi del sonno) e sul rendimento professionale, alterato da sentimenti di rabbia, frustrazione o senso di colpa per aspettative di guarigione deluse o atteggiamenti aggressivi subìti. Le reazioni possono dunque esitare in atteggiamenti di assenteismo, distacco, indifferenza e perdita di motivazione verso il lavoro, i rapporti interpersonali con i colleghi e con i pazienti.
Ne consegue una ridotta qualità complessiva della cura.
I costi del burnout sono quindi notevoli tanto per gli operatori quanto per le organizzazioni; appare dunque evidente la necessità di sensibilizzazione, di attuare misure di prevenzione e procedure di intervento individuale o di gruppo per affrontare il burnout.
Ma quali sono le aree di intervento per migliorare l’autocura (o automedicazione) degli operatori sanitari?
Direi le medesime con un impatto basato sull’evidenza sul benessere psico-fisico della popolazione generale: l’alimentazione, l’attività fisica, il sonno, le relazioni sociali, la meditazione e la spiritualità, l’organizzazione dei luoghi di lavoro.
Stili di vita funzionali e gratificanti garantendo innanzitutto una maggiore educazione e consapevolezza alimentare, che il percorso accademico in medicina purtroppo non prevede, pur rappresentando i comportamenti una causa diretta o indiretta di scadente qualità di vita, disabilità e di almeno il 30% dei casi di gravi patologie cronico-degenerative, o grandi assassinidel nostro tempo (malattie cardio-vascolari, almeno 12 tipi di tumori solidi, ipertensione arteriosa e diabete)3-5.
Gli operatori dovrebbero disporre di mense ospedaliere in grado di offrire pasti basati sui principi di una dieta mediterranea, prevalentemente vegetale e integrale, con standard di qualità elevate (ma non necessariamente più costosi), in base alla stagionalità e territorialità dei prodotti6,7.
Le aziende ospedaliere dovrebbero disporre di attrezzature sportive indoor e, ove possibile, di spazi aperti attrezzati per l’attività fisica, da poter svolgere su base volontaria, ma anche da incentivare, durante e al termine del turno lavorativo, con sessioni educative, percorsi personalizzati e agevolazioni economiche.
Dovrebbero essere implementati ovunque programmi aziendali di supporto psicologico per l’identificazione precoce di stati di sofferenza e la prevenzione del distress negli operatori, anche attraverso discipline di meditazione in presenza o online, come i protocolli di Mindfulness Based Stress Reduction, focalizzati alla riduzione dello stress soggettivo percepito8,9.
Gli spazi interni ed esterni di cura dovrebbero essere progettati o rimodulati non più soltanto secondo canoni di efficienza, sicurezza e funzionalità, ma anche di piacevolezza.
Ne è un esempio il giardino terapeutico realizzato presso la Fondazione Policlinico Gemelli di Roma, progettato secondo criteri biofilici e destinato all’accoglienza di pazienti e familiari, ma anche luogo di incontro per operatori sanitari nelle pause o per meeting di lavoro.
Infine, una riflessione personale: se sapremo fare tesoro della lezione appresa durante questa terribile pandemia, il maggiore riconoscimento della preziosità e unicità della professione sanitaria dovrà sostituire una visione troppo riduzionistica dell’atto medico, per cui risultati indesiderati derivano sempre da interventi errati e quindi sanzionabili. La perdita di fiducia nella relazione di cura, di per sé intrinsecamente terapeutica, ha certamente contribuito all’impoverimento della medicina moderna, a un atteggiamento difensivo da parte dei curanti e a una progressiva insoddisfazione da entrambe le parti.
Le persone danno il loro meglio quando credono nel lavoro che svolgono, e quando possono farlo senza rinunciare alla propria indipendenza, integrità e valori, anche il rispetto di sé.
Se, come giustamente sottolineato, l’attuale pandemia è una battaglia che se vince sulla lunga distanza, abbiamo bisogno di ottimi preparatori e motivatori che sostengono gli “atleti” (gli operatori sanitari) lungo il difficile percorso di una maratona in cui tutti noi siamo coinvolti, nostro malgrado10. Non a caso, il termine burnout trova la sua prima applicazione nel giornalismo sportivo anglosassone per descrivere il brusco calore di prestazioni di un atleta che, persi gli stimoli motivazionali, non è più in grado di ripetere gli stessi risultati agonistici.
Una competizione insolita a cui l’umanità intera è stata chiamata, mai così compatta e globalizzata, più dai social media e dalla comunità scientifica che dalle istituzioni sociali e governative, per contrapporsi a un nemico comune.
Una e necessaria battaglia che ci conduca al meglio verso un domani incerto, ma forse più rispettoso dei ruoli e del valore indiscutibile della sanità pubblica e della professione giusta sanitaria.
Conflitto di interessi: l’autore dichiara l’assenza di conflitto di interessi.
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bibliografia – art_bibliografia
1. Durand-Moreau QV. Il burn-out è finalmente una malattia oppure no? Occup Environ Med 2019; 76: 938.
2. Reid Y, Johnson S, Morant N, et al. Spiegazioni dello stress e della soddisfazione nei professionisti della salute mentale: uno studio qualitativo. Soc. Psichiatria Psychiatr Epidemiol 1999; 34: 301-8.
3. Saggio. M. Raccomandazioni per la prevenzione del cancro. Disponibile su: https://bit.ly/2xoRKUF (ultimo accesso 27 marzo 2020).
4. Solans M, Chan DSM, Mitrou P, Norat T, Romaguera D. Una revisione sistematica e una meta-analisi del punteggio WCRF/AICR 2007 in relazione agli esiti sanitari correlati al cancro. Ann Oncol 2020; 31: 352-68.
5. Mandsager K, Harb S, Cremer P, Phelan D, Nissen SE, Jaber W. Associazione tra fitness cardiorespiratorio e mortalità a lungo termine tra gli adulti sottoposti a test da sforzo su tapis roulant. JAMA Netw Open 2018; 1: e183605.
6. Shannon OM, Mendes I, Köchl C, et al. La dieta mediterranea aumenta la funzione endoteliale negli adulti: una revisione sistematica e una meta-analisi di studi randomizzati e controllati. J Nutr 2020 febbraio 6. pii: nxaa002.
7. Mentella MC, Scaldaferri F, Ricci C, Gasbarrini A, Miggiano GAD. Cancro e dieta mediterranea: una revisione. Nutrienti 2019; 1(9). pii: E2059
8. Burton A, Burgess C, Dean S, Koutsopoulou GZ, Hugh-Jones S. Quanto sono efficaci gli interventi basati sulla consapevolezza per ridurre lo stress tra gli operatori sanitari? Una revisione sistematica e una meta-analisi. Salute da stress 2017; 33: 3-13.
9. Regehr C, Glancy D, Pitts A, LeBlanc VR. interventi per ridurre le conseguenze dello stress nei medici: una revisione e una meta-analisi. J Nerv Ment Dis 2014; 202: 353-9.
10. Unadkat S, Farquhar M. Benessere dei medici: cura di sé durante la pandemia covid-19. The BMJ Opinion 2020 marzo 16. Disponibile su: https://bit.ly/2Uo67l8 (ultimo accesso 27 marzo 2020).